La mia Istanbul - Francesca Pacini
La mia Istanbul - Francesca Pacini

La luce bianca

Questi giorni rifletto, con malinconia, sul significato di questa avventura.

Vedo tensioni, dissapori, pensieri diversi, il mio compreso. Non ci accorge che si stanno perdendo dei pezzi, e si pensa magari a sostituirli con altri invece di fermarsi un attimo a capire cosa realmente sta succedendo.

Invece di capire se siamo maturi o meno.

Più rifletto più penso che il male peggiore che Grillo ha fatto non è stato tanto nell'aver dato vita a un duo dittatoriale, ma nell'aver alimentanto il qualunquismo e il populismo in un paese già fatto di capre, come la storia ha spesso dimostrato,

specie negli ultimi venti anni. Perché è sempre più facile prendersela con i leader che con chi li ha votati. Ma la politica è anche lo specchio del paese, inutile nascondersi dietro altre cose. E dimostriamo, spesso, di non saper discernere salvo dopo aver sbattuto la faccia a suon di ceffoni, e reiterare, magari, lo stesso errore.

Il danno di Grillo è l'aver alimentato fantasie qualunquiste dimenticando apposta la reale soluzione dei problemi.

Prima di tutto, se non cambiamo noi stessi, dentro, replicheremo ovunque gli stessi schemi. Un fare magari di corsa, a volte acefalo, solo in nome della "democrazia e della partecipazione" è molto, molto pericoloso. Bisogna pensare, pensare se si è in gradi di farlo, interrogarsi sulla maturità (che in Italia è alquanto assente) a cui ci pone davanti una scelta del genere. Onestamente, sto avendo dei dubbi.Non sulla democrazia diretta, ma sul modo per arrivare a un processo di nascita e condivisione serio, onesto, ma anche efficace e realista. Che parte dalla calma, dal conoscersi, dal guardarsi in faccia, discutere insieme, ragionare fino allo sfinimento prima di decollare non si sa dove. Un progetto culturale e politico è un processo lungo, che deve maturare, che va elaborato, imparando man mano a fidarsi dei compagni di viaggio. Ma, soprattutto, è necessario vedere bene, se la nave parte, la compattezza di chi rema su questa nave, e la sua armonia globale. Oppure la nave va a sbattere già dopo il porto. Abbiamo detto a Giovanni Favia che correva, e stiamo correndo quasi più veloci di lui. Qui, nella pagina, sembriamo tutti motivati, ma se si parla con le persone individualmente, notevoli sono i cenni di stanchezza e scoraggiamento. Poi, nel gruppo, prevale di nuovo la dinamica collettiva. Ci sono già troppe divisioni, fratture interne in un processo appena abbozzato. C'è un gran caos, un tornare continuamente su ciò che era stato affrontato, un perdere le giornate intere a postare e discutere obbligando anche altri a intervenire per cercare di vedere se si trovano soluzioni comuni. Alla faccia del rispetto. Per me questo non è rispetto. Nonè rispetto di ciò che avevamo detto e deciso, anche nel senso del non abuso degli spazi per rispettare chi di giorno lavora, e lavora parecchio magari. Se vogliamo portare fuori delle idee, guardiamole bene prima insieme, collettivamente, e guardiamo come ci comportiamo

Se vogliamo portare fuori delle idee, guardiamole bene prima insieme, collettivamente, e guardiamo come ci comportiamo. Poi anche a me scappa la penna e mi lascio coinvolgere dalle dinamiche di gruppo, che pure conosco bene dal punto di vista piscologico. Ma mi rendo conto che queste infinite discussioni quotidiane che rimettono in moto mezzi, piattaforme ecc,. e in cui non si trova pace da una settimana all'altra, non ci fanno bene.E, soprattutto, penso, tenetevi forte, so che scriverò una cosa molto impopolare, ma a quanto vedo in questo paese temo che senza i leader , per quella che è la realtà attuale della massa di persone, diventa tutto un gran casino. Leader è una parola brutta, che fa paura, perché non ha mai coinciso con guide illuminate, nel senso platonico del termine, elette da tutti, ma con furfanti, dai dittatori ai furbetti mediatici. Parliamo tanto di intelligenza collettiva, ma domandiamoci se la rete, per esempio, ci fa solo bene o ci ha anche lobotomizzato. Bisogna trovare equilibri, procedere con calma. L'intelligenza collettiva è la somma di quelle individuali, non la sua elevazione al quadrato. E se quelle individuali non vengono educate, non si interrogano, non fanno salti in avanti, si ha solo la replica in larga scala. L a storia dovrebbe insegnarci qualcosa. Anche i fallimenti del comunismo devono farci pensare ai perché quello che all'inizio era un "governo del popolo" è diventato un regime liberticida (a Cuba quindici anni fa ho visto cose per cui la nostra mancanza di diritti politici fa ridere i polli). La colpa non è solo dei leader, i leader hanno attecchito su un humus fertile: in un terreno arido, non crsce nessun seme. neanche quelo di un Hitler o un Berlusconi. Io ci penso sempre, e mi spaventa.

Le idee comportano un grande lavoro comune, per funzionare. Progressivo. Le idee di uguaglianza su sutto sono molto belle, ma non siamo tutti uguali. Per questo un salumiere non dirige un'azienda di computer o un insegnante di ginnastica non sa costruire un palazzo. Tutti hanno gli stessi diritti, ma non sono uguali. Questa è la cosa bella: tutti diversi, con gli stessi diritti. Ma con competenze specifiche che diventano una risorsa comune. Invece Grillo è riuscito a convincere che una casalinga in parlamento va benissimo, ma mi chiedo, nella traduzione pratica di un bell'ideale, se veramente io voglio essere rappresentata da una casalinga (come da un altri, intedniamoci) che non ha nessuna preparazione economica, culturale e politica. il parlamento è un massacro. E comporta conoscenze specifiche. E nessuno ha mai voluto educare bene, spesso, a partire da scuola e università. Perché la conoscenza è l'arma più potente, insieme alla capacità di discriminare. Ma la verità è che le cose bisogna saperle, per affrontarle. E mi chiedo quanti riverberi questo populismo può creare in una popolazione già poco abituata a pensare, a discriminare: basta guardare la triste realtà del nostro paese. La colpa non è sempre e solo nella direzione della politica. Perché noi c'eravamo. dove eravamo? dove siamo? Per partire bene è necessario essere davvero una comunità, anche piccola, perché se questa comunità non funziona, non potrà funzionare, a maggior ragione, neanche il suo allargamento. e a me sembra che qui ci sia ancora parecchia confusione, ma si corre, si corre, si corre. si parla di democrazia ma la democrazia parte anche da regole che andrebbero meditate bene, approfonditamente, e che non possono essere sviscerate nella "legge dei due minuti" e il terzo ti impicchi anche se devi dire la cosa che magari aiuterà il nostro futuro, oppure se ci si lascia andare a discussioni su facebook che a volte confondono ancora di più, o se si fanno hangout di poche persone che decidono chi entra la prossima volta. anche questo a me non sembra democratico, chi decide se uno merita oppure no? e se anche decidessero tutti, in base a cosa? prima bisognava discuterlo, magari. in base ai peli sul naso, alla simpatia o al colore delle mutande? non lo è, democratico. ma ci fa sentire più puliti perché "apriamo". c'è sempre e comunque un gruppo rispetto a qualunque processo di base, di partenza, il resto è ovviamente diverso, poi. ma almeno le regole di base, il capire bene che si vuole e come...che cosa comporta una democrazia diretta all'inizio, e in generale, merita qualche riflessione, qualche considerazione, valutazione... dovrebbe far riflettere sul senso di questo concetto, e sulle sue appilicazioni, prima di giocare alla "cosa più democratica". pensiamo invece a come, nealla realtà, sia complesso far nascere una cosa seria in questo modo, con questa fretta, con queste divisioni interne che si risolvono nel giro di un giorno di discussioni su facebook. Nessuno ama essere carbonaro, segreto. Ma neanche andare allo sbaraglio è molto bello. Prima di uscire, doveva essere un conoscersi pian piano, integrarsi, valutare, approfondire. la DD non è appiattimento e livellamento di tutto, non è caos e disordine su cose minime solo in nome di una parola che ci piace. E se credete che il comitato promotore sia più democratico perché raduna 70 persone, o 100, invece di 40, io vi chiedo, e mi chiedo: e che dire di quelli che comunque restano fuori? allora tanto vale aprire ora, e subito, a tutti, proprio tutti quelli che vogliono, già dalla prossima volta. senza fiducie e sfiducie, senza cuscini cuscinetti e sofà. però io rifletterò, seriamente, su cosa signifca quello a cui assisto già trovandoci in pochi. e mi chiedo cosa succede quando saremo in tanti. il confronto è arricchimento, se fatto nei tempi e nei modi giusti, soprattutto nei tempi. altrimenti diventa una confusione. Ripeto, vedo sempre di più i danni di Grillo soprattutto nel qualunquismo che ha portato alle persone, ahimé. e chiedo perché un condominio ha bisogno di un amministratore, ed è fatto da dieci quindici persone con un interesse comune, il funzionamento del palazzo, perché esiste l'amministratore (oddio, ha le competenze!!) e perché i condomini finiscono all'80 per per cento in cause annose. E' più squallido essere condomini che promotori e paladini della democrazia? le persone che vanno a litigare in condominio sono le stesse che discutono qui e altrove. ecco perché insistevo tanto sull'educazione, sulla cultura intesa come cercare di allargare la testa, sul capire che si vede anche fare un cambiamento di coscienza, o si replicano gli stessi difetti. parlavo di creare una piccola comunità compatta e con le idee chiare prima di far entrare gli altri (e quando entrano, se volgiamo essere veramente democratici, entrano TUTTI e subito). eh, un lavorone. per tutti. molto più difficile di questo. ma l'unico che forse, per me, ha un senso. Questi giorni, di nuovo, osservo ciò che accade e penso. al presente e al futuro. Ho conosciuto persone meravigliose che, comunque vada, non voglio perdere. ogni incontro è prezioso, alcuni sono stati davvero straordinari, in questi mesi non mi sono sentita più sola (politicamente parlando) ed è stato meraviglioso. Ma comincio a sentirmi un po' sola, di nuovo. Scusate la lunghezza di questa nota, ma almeno ho chiarito il mio disagio. Non voglio mi piace e non mi piace, vorrei una casa. Che però abbia fondamenta solide, costruite con il buon senso, capace di reggere i terremoti che sicuramente verranno. Una casa costruita insieme, certamente. Ma piano, passando e ripassando il cemento, togliendolo dove non serve. Non sarà abitabile da nessun altro, se chi getta le basi non lo fa piano e per bene.