Per Ceyda Sungur, la ragazza in rosso, giustizia è fatta. Sì, possiamo dirlo. E lo ripetiamo: giustizia è fatta.
Ceyda era stata accusata di provocazione e "incitamento alla rivolta", insieme ad altri cinque attivisti. Ma le accuse sono tutte cadute. Perchè in realtà stava preparando, insieme ad altri studenti universitari, un elenco dei feriti che, nel parco, avevano bisogno di assistenza.
Le foto che hanno fatto il giro del mondo hanno pesato come il piombo, e hanno inchiodato il poliziotto davanti alla sua responsabilità.
Anche se F.Z. dovesse essere condannato in modo più lieve rispetto alla richiesta della procura di Istanbul, questo fatto marca comunque un passaggio importante: la giustizia ha riconosciuto l'innocenza di Ceyda, mentre ha fermato il poliziotto davanti alle sue responsabilità. Lui no, non è innocente.
Certo, se i video e le foto non fossero stati così eloquenti, se non avessero fatto il giro del mondo, forse le cose sarebbero andate diversamente. Non lo sappiamo. Ma il poliziotto pagherà. Comunque vada, pagherà.
In un contesto, quello di Gezi, in cui centinaia di persone sono state fermate e trattenute, il proscioglimento dalle accuse, il riconoscimento dell'innocenza di Ceydar e dei suoi compagni, mostra uno spicchio della vera anima della resistenza.
Un'anima fatta di cittadini e cittadine qualunque, studenti, ragazzi. Che si sono radunati e si sono aiutati fra loro.
Come, quel giorno, ha fatto anche Ceyda, adoperandosi per far soccorrere i manifestanti feriti.
Oggi, Ceyda, l'icona femminile di Gezi, ha vinto comunque.