Istanbul, Gezi Park: La resistenza di Sevim

sevim turchia

 

Sevim mi viene incontro. Sorride. Mi prende subito sottobraccio, con un gesto affettuoso, mentre imbocchiamo  Istiklal Caddesi, dirette verso un caffè. Non ci siamo mai viste prima. Ma ci siamo riconosciute subito.

Lei ha un sorriso largo che le accende tutta la faccia. Lo stesso sorriso che sul suo profilo facebook regala agli amici attraverso una serie di foto che alterna a una quotidiana informazione, in inglese, sulle proteste di Istanbul. Agguerrita, ribelle, Sevim non si nasconde, non ha paura. Infatti decide di metterci la faccia, in questa intervista, e di non ricorrere a nomi di fantasia. Ammiro il coraggio di questa giovane insegnante che sogna un mondo migliore.

Sei un’attivista. Come è iniziata la tua “resistenza”?

Come democratica, e socialista, ho realizzato che le cose cambiavano negli anni, nella mia nazione. All’inizio delle proteste di Gezi ero all’estero, ma guardavo cosa accadeva. Appena tornata a Istanbul, il giorno dopo il mio arrivo sono andata a Gezi Park per supportare pacificamente la protesta, mi sono unita ai gruppi. Avevamo tende, chitarre, libri, e discutevamo di spazi pubblici e del verde rimasto. Volevano distruggere quegli alberi vecchi per costruire un mall, dopo che il governo stava già distruggendo molti spazi verdi in tutta la Turchia. Non hanno a cuore il futuro ambientale del paese.
 

Memorie, eventi, episodi  che ti hanno cambiato…

La resistenza è iniziata in modo pacifico, finché i poliziotti non hanno bruciato le tende! Hanno attaccato con gas e spray al peperoncino. Il 31 maggio, l’1 e il 2 giugno ci sono state battaglie così dure...molti feriti, molti arresti. Ci hanno cacciato dal parco in modo così brutale. Ho visto molti feriti durante la lotta. Anche io sono stata ferita più volte. Ci siamo contesi Gezi Park, con la polizia. In quel parco ho vissuto i giorni più belli ella mia vita. Sono socialista e abbiamo davvero condiviso molte cose: in quel parco le abbiamo messe in comune. Abbiamo condiviso il nostro denaro, il cibo e l’amore. C’era una grande solidarietà. Quando la polizia non attaccava cantavamo, danzavamo, cucinavamo… giorni incredibili che non scorderò mai.

La polizia turca. Come agisce durante una protesta?

Attaccano duramente, con il gas al peperoncino, i cannoni ad acqua. Una ragazza è stata ferita alla testa con un proiettile di gomma. La polizia è sempre stata brutale, ma dopo Gezi ha perso il controllo. Il governo la lodava, la sosteneva, ordinava di attaccare ancora più duramente. Erdoğan stesso ha detto di aver dato ordini alla polizia in questa direzione. Ma noi vogliamo vincere questa lotta per la libertà!

Che accade ora, in Turchia?

La lotta prosegue! Non come a giugno, ma la gente non si arrende, non si arrenderà mai. Il governo cerca di spaventarci con le sue leggi. Si viene arrestati così facilmente…La polizia attacca. Usa sostanze chimiche. Dovremmo organizzarci meglio. Molti si uniscono alla protesta ma poi arrivano i cannoni ad acqua, i proiettili di gomma. La polizia blocca ogni accesso alle aree della protesta…La gente lotta per i diritti. Le strade appartengono a noi. Sono diventate le nostre aree di lotta.

Il web e la censura. Hai preso parte alle proteste.

Sì, la censura è davvero pericolosa per noi perché durante la resistenza abbiamo usato i social media per comunicare fra noi. Dato che il governo nasconde le notizie, gli attivisti si comportano da giornalisti. La gente lotta per i propri diritti ma allo stesso tempo mostra la mondo che accade. Dopo lo scandalo della corruzione il governo ha iniziato ad avere ancora più paura. Nasconde tutto con la censura. Erdoğan dice che chi non vuole le leggi anticensura guarda i video porno sul web…. l’8 febbraio c’è stata una grande protesta perché la gente è stanca della censura. Non vogliamo che limitino la nostra libertà. Se non reagiamo, faranno quello che vogliono: ancora più facilmente. Ogni volta che c’è una protesta usa subito gli idranti che lanciano acqua mescolata a una sostanza chimica e gas lacrimogeni. E i proiettili di gomma. Così spezzano la rivolta.  Noi facciamo quello che possiamo. Non possiamo usare maschere antigas perchè se la polizia ci ferma ci arresta. E non è facile contrastare armi chimiche senza maschere antigas…

Non hai paura che ti prendano? Rischi il tuo lavoro per un’idea…

No, non ho mai paura! Con la paura, non c’è vittoria! Non posso vincere. Il rischio di perdita di lavoro è nulla rispetto al rischio di perdere la vita. In una società ingiusta, corriamo sempre questo rischio. Alcuni hanno perso il lavoro perché hanno partecipato alla protesta. Io correrò sempre questo rischio, non mi importa.
 
Usi facebook per diffondere le tue idee contro il governo. Ma che succede se controllano il tuo profilo?

Beh se lo controllano mi arrestano…Lo hanno fatto anche con altri. Ora hanno in mano tutte le informazioni, e faranno ciò ch vogliono. Alcuni ora sono spaventati e non parlano più di governo e proteste. Ma io voglio lottare per la libertà.

Cosa pensi della democrazia turca?

Se sei contro il governo, non c’è giustizia per te. Se combatti per I tuoi diritti puoi ritrovarti in prigione. Dov’è la democrazia? I tribunal dovrebbero essere liberi e invece sono sotto il controllo del governo.

Pensi che le cose cambieranno?

Penso che siano già cambiate. La gente è cambiata. La gente ha imparato a lottare contro l’ingiustizia. Ha imparato la resistenza, la solidarietà. Questo è molto importante. I cittadini  non staranno in silenzio. Lotteranno per i loro diritti. Con la solidarietà, vinceremo.

Quando ci salutiamo, Sevim si allontana nella folla del sabato pomeriggio. La seguo con lo sguardo finché non scompare. Un piccolo puntino nero, pieno di speranza, inghiottito dalla ressa di persone che attraversano Istiklal Caddesi con le loro  buste dello shopping e  i caffè Starbucks. Ma di notte Istiklal, da un momento all’altro, si trasforma nella strada della lotta, della protesta, mentre la movida lascia spazio ai gas lacrimogeni. E Sevim, sicuramente, ogni volta, si trova qui.

Articolo  pubblicato su Osservatorio Iraq