L'hamam e il tempo circolare (1)
La prima volta in un hamam ti resta addosso per sempre. E' come una crepa nel tempo ordinario. In questa grotta umida, al riparo dalla frenesia della città, dai suoi clacson, dalle urla caotiche, dai tumulti moderni della vita che corre, si vive una dimensione diversa. Qui il tempo cessa di essere la linea retta che immaginiamo per curivarsi disegnando una circonferenza infinita. La mente si fa liquida, diventa un lago calmo in cui evapora ogni tensione.
La mia prima volta è stata a Süleymaniye. A pochi passi dalla moschea, in una stradina sterrata e fatiscente, come molte strade della Istanbul vecchia, una piccola porta rivela l'accesso al paradiso. Questo è l'unico hamam, in città, che purtroppo permette la presenza contemporanea di uomini e donne. Una scelta commerciale, turistica. Ma ha una pietra bollente che squaglia ogni tensione e riduce il volume di tutti i pensieri, ne annulla il peso specifico.
Gli arredi sono in legno, con un grande lampadario centrale e una scala che conduce al piano superiore dove sono disposti gli spogliatoi, stanzette dotate di chiave che l'ospite, tramite il cerchietto di ferro al quale è agganciata, si infila al polso e tiene con sé.
Sono stata accolta con un sorriso in cui si raccoglie tutta la sapiente ospitalità dei turchi. Il rituale di preparazione consiste nell'indossare buffi zoccoletti chiamati takunya.
Il corpo si è steso nella grande pietra centrale, in attesa di insaponature e massaggi. E mi sono goduta il mio hamam.
Ma, dopo le prime volte negli hamam, preferisco optare solo per la sosta in mezzo ai vapori, con il calore che mi circonda il collo, le braccia, le gambe, fino a raggiungere la cupola di pietra antica dalle cui finestrelle di vetro fa capolino un pezzo di cielo. Niente massaggi, o saponi. Solo la sospensione del fare.
Se per caso la permanenza in questo ozio dolcissimo coincide con il richiamo del muezzin, allora la pietra diventa un tappeto magico in volo verso le stelle.
Certo, un hamam misto, come quello di Süleymaniye non è un vero hamam. E' come se la modernità volesse intrufolarsi in tradizioni che non le appartengono, violetandone la natura profonda.
Preferisco andare negli altri hamam della città, per questo. Ma ci torno, comunque, perchè adoro la sua pietra particolarmente bollente.
E adoro perdermi nelle anse del tempo.
Sono diventata un'assidua frequentatrice degli hamam. Ci vado da sola, o con le mie amiche turche.
Galleggio, così. Senza pelle, senza pensieri, senza colori. Il corpo perde materia mentre il silenzio si fa quasi solido, in una sorta di inversione che confonde gli stati ordinari.
Negli hamam, mi godo il silenzio.
Oppure chiacchiero, pigramente, con la confidenza tipica di questi luoghi.
Di sicuro, non penso più.
E, una volta fuori, quando torno nel caos del mondo, mi porto dietro i sapienti torpori che gesti antichi incastrati nel tempo non ci hanno fatto dimenticare.